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  • Inserita il 24-03-2015
  • Autore/fonte Studio Legale Vinelli

Offende tramite il blog: è diffamazione aggravata

Questa sentenza del G.I.P. del Tribunale di Varese affronta uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi tempi che ha visto anche aspri scontri tra giuristi ed Istituzioni. Si fa riferimento, in particolare, alla responsabilità di un blogger per i contenuti immessi in rete tramite il sito di cui è titolare, anche se ovviamente questo discorso può essere allargato ad altri strumenti del web ed in particolare del web 2.0.

Nel caso di specie la blogger viene condannata per diffamazione in quanto sul proprio sito avvia una campagna denigratoria nei confronti delle case editrici a pagamento, utilizzando espressioni ed immagini pesanti ed offensive rivolte, in particolare, ad una responsabile editoriale. Tale comportamento ha dato luogo, secondo quello che è lo spirito della Rete, ad ulteriori messaggi offensivi di terze persone ovviamente non bannati dalla responsabile del blog.

L’organo giudicante nel motivare la propria decisione distingue innanzitutto tra affermazioni che per quanto forti si risolvono in una critica legittima, anche se particolarmente accesa ed affermazioni che per il loro contenuto offensivo si rivelano palesemente diffamatorie.

Inoltre lo stesso G.I.P. si trova nell’evidente difficoltà di inquadrare giuridicamente il fenomeno Internet ed in particolare il blog ai fini della configurazione del reato. In questo caso, ritorna in auge “l’antica” ma ancora molto attuale questione dell’equiparazione tra comunicazione giornalistica su Internet e comunicazione tradizionale della carta stampata, che nel caso di specie viene giustamente negata dall’organo giudicante sulla scorta, anche, di un’ampia conforme giurisprudenza di merito (G.i.p. Tribunale Oristano, sent. 25 maggio 2000, n. 137) e di legittimità (Cass, V, n. 1907 del 16 luglio–1° ottobre 2010). L’assunto fondamentale rimane quello del divieto dell’analogia “in malam partem” in materia penale ed a nulla vale una ricostruzione storico-interpretativa dell’ art. 1 della L. 8 febbraio 1948, n. 47 che potrebbe condurre l’interprete ad attribuire a un sito Internet, sulla base di caratteristiche intrinseche e fenomeniche, nonché formali (la registrazione) la natura di “stampa”.

Lo stesso G.I.P. però ritiene che il sito in argomento costituisce la base per la costruzione di un gruppo settoriale di interesse, composto da scrittori esordienti, o aspiranti tali, mediante la discussione di temi comuni e partendo da questo importante presupposto è possibile quindi giungere alle conclusioni che sono proprie della sentenza.

Nessun dubbio sussiste in merito alla configurabilità della diffamazione aggravata in quanto ci si trova nell’ambito di una comunicazione rivolta a più persone e viene utilizzato un “mezzo di pubblicità”.

Inoltre ai fini dell’’attribuzione soggettiva di responsabilità all’imputata essa viene qualificata come diretta sia per i contenuti pubblicati dall’imputata che per quelli inseriti dagli altri utenti. Difatti l’imputata in qualità di amministratrice del sito viene ritenuta responsabile di tutti i contenuti di esso accessibili dalla Rete a prescindere dall’esistenza di filtri. Non rileva, al fine di escludere la responsabilità penale dell’imputata, la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilità agli autori dei commenti contenuta in un “regolamento” di natura esclusivamente privata per l’utilizzazione del sito. Gli stessi autori possono al massimo concorrere al reato, se identificati.

La ricostruzione e le conclusioni del G.I.P. del Tribunale di Varese possono ritenersi sostanzialmente corrette. Difatti stante il divieto di analogia in materia penale, non sembra possibile assimilare le comunicazioni via internet a quelle telefoniche o alla stampa, mentre appare opportuno avvalersi di un'interpretazione estensiva delle espressioni "scritti" e "disegni" di cui all’art. 595 c.p., riferibile anche ai contenuti diffusi via internet.

Quanto al requisito richiesto dalla norma, secondo cui gli atti lesivi devono essere diretti alla persona offesa, non si hanno dubbi che ciò accada allorché il messaggio sia veicolato da posta elettronica all’indirizzo del destinatario. Più problematica risulta l’ipotesi in cui l’offesa sia veicolata attraverso un mezzo che raggiunge più persone contemporaneamente (newsgroup, mailing list, siti web). In questi casi, si ritiene non si integri il delitto di ingiuria, bensì quello di diffamazione aggravata.

L’ampia casistica in materia di condotte diffamatorie presenta un intimo legame con l’attività giornalistica e la libertà di informazione, tale che l’evoluzione della giurisprudenza ne risulta fortemente influenzata. Si registra che un vastissimo numero di pronunce sia diretto all’accertamento della possibilità di invocare le scriminanti del diritto di cronaca e del diritto di critica nell’ambito della professione giornalistica.

Ma si pensi alle opinioni espresse attraverso siti internet, newsgroup e blog, che non necessariamente costituiscono mezzi di informazione giornalistica e per le quali non sono invocabili i diritti di cronaca o di critica.

Per molti, però, il diritto di critica non sarebbe una mera specificazione del diritto di cronaca e come tale non sarebbe invocabile esclusivamente da chi esercita l’attività giornalistica.

Il diritto di critica ha un carattere autonomo e può essere esercitato da chiunque, nel rispetto dei confini stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di diritto di cronaca: a) utilità sociale dell’informazione; b) verità; c) forma civile dell’esposizione dei fatti.